Chirurgia prostatica laser

Chirurgia prostatica LASER

Le finalità di queste metodiche sono quelle di asportare quanto più tessuto prostatico ipertrofico (il cosiddetto adenoma), onde liberare l’uretra dalla compressione e permettere una minzione più agevole.

Le fonti laser utilizzabili sono principalmente 3: laser ad Holmio (Ho:YAG, Holmio:Yttrio-Argento-Granato), laser al Tullio (Tm:YAG, Tullio:Yttrio-Argento-Granato) e Green Laser (KTP:LBO, Potassio-Titanil-Fosfato: Litio-triborato).

Le tecniche impiegate comprendono l’enucleazione endoscopica laser, la vaporizzazione endoscopica laser e la vaporesezione o vapoenucleazione endoscopica.

Le diverse caratteristiche del laser utilizzato, le dimensioni prostatiche e l’esperienza del chirurgo determineranno quale tecnica verrà utilizzata.

L’avvento di queste tecniche ha comportato una vera rivoluzione nel trattamento dell’IPB in quanto, specie con le tecniche di enucleazione, è oggi possibile trattare endoscopicamente anche prostate di volume molto elvato, che in precedenza erano invariabilmente destinate all’intervento a cielo aperto (adenomectomia), caratterizzato da rischi emorragici ben più severi.

Inoltre, anche rispetto alla TURP questi interventi presentano un rischio emorragico inferiore e una degenza ospedaliera generalmente minore.

Indicazioni

Tecnica e decorso postoperatorio

A) Enucleazione endoscopica laser: inizialmente effettuata solo con il laser ad Holmio (HoLEP), oggi viene eseguita anche con il Tullio (ThuLEP) e il Green (GreenLEP), consiste nella creazione di una separazione fra la parte ipertrofica della prostata (adenoma) e il tessuto prostatico normale (capsula) utilizzando l’energia laser e lo scollamento meccanico effettuato con il resettore. L’adenoma viene in genere suddiviso in una o due porzioni (lobi), che vengono spinti in vescica e successivamente frammentati ed asportati con uno specifico strumento (morcellatore). 

B) Vaporizzazione endoscopica laser: può essere effettuata con il Tullio (ThuVAP) anche per prostate di volume medio alto e con il Green (GreenVAP), per prostate di piccolo o medio volume. Consiste nel rapido riscaldamento del tessuto prostatico ottenuto mediante l’applicazione di energia ad elevate potenze, che determina l’evaporazione dell’acqua contenuta nelle cellule e pertanto la distruzione tissutale.  Procedendo di strato in strato si giunge all’asportazione di tutto il tessuto adenomatoso, raggiungendo la capsula. In questo caso non è necessario effettuare la morcellazione e non vi sarà alcun tessuto per l’esame istologico.  

C)  Vaporesezione o vapoenucleazione endoscopica laser: può essere effettuata solo con il Tullio (ThuVARP), in quanto è l’unico dei tre laser dotato di una funzione di taglio altamente efficiente. A differenza delle tecniche di enucleazione in questo caso il tessuto dell’adenoma viene separato dalla capsula (più o meno in sua prossimità) tagliandolo direttamente con il laser anziché enuclearlo meccanicamente con il lo strumento endoscopico. Anche in questo caso il tessuto asportato viene spinto in vescica per essere sminuzzato e asportato con il morcellatore.  

Efficacia e possibili complicanze

L’efficacia è di questa metodica è elevata quanto alla disostruzione meccanica e alla riduzione del quadro sintomatologico, poiché l’allargamento del canale uretrale comporta un significativo aumento del flusso, con un conseguente migliore svuotamento della vescica e una riduzione della frequenza minzionale.

Una volta rimosso il catetere, tipocamente dopo 24-48 ore dall’intervento, la ripresa della minzione spontanea è caratterizzata dalla presenza di disuria con urine ematiche e necessità di urinare di frequente e soprattutto con urgenza ma nella maggior parte dei casi senza dolore o bruciore; di solito questo quadro ritorna alla normalità nel giro di 4-8 settimane, man mano che procede la guarigione della zona operata. Nelle tecniche di vaporizzazione, specie con green laser la durata dei disturbi minzionali può essere maggiore.

Una volta che le urine siano ritornate completamente chiare, può verificarsi anche a distanza di giorni o settimane una transitoria ematuria, determinata dalla caduta delle escare in sede di intervento, che solitamente è autolimitante, ma in alcuni casi può determinare la necessità di una revisione chirurgica o la applicazione di un catetere vescicale per l’evacuazione dei coaguli. 

Può succedere che al momento della rimozione del catetere il paziente non riesca ad urinare spontaneamente a causa della presenza di coaguli ematici o della presenza di uno spasmo (contrazione involontaria) dello sfintere uretrale, di solito dovuto a fatto flogistico postchirurgico. In questo caso può essere necessario rimettere il catetere vescicale per ulteriori 5-10 giorni. 

In 3 pazienti su 4 si verifica eiaculazione retrograda, in genere permanente. Esistono tecniche di risparmio dell’eiaculazione che possono consentire il risparmio di questa funzione fino al 60% dei pazienti operati.

Le possibili complicanze associate a questo intervento sono rappresentate da:

Emorragia intra- e perioperatoria, di entità tali da richiedere emotrasfusione e in alcuni casi reintervento precoce, open od endoscopico transuretrale (è in realtà una complicanza molto rara).

Incontinenza urinaria (2-3%) persistente o permanente, di solito da stress, più raramente totale; l’incontinenza totale potrebbe rendere necessaria l’applicazione chirurgica di presidi per ripristinare la continenza (sfintere artificiale, banderelle sottouretrali).

Epididimite acuta, con necessità di terapia antibiotica ed antinfiammatoria prolungata.

Deficit erettile (3-5%, più frequente nei pazienti più anziani), temporaneo o permanente, con necessità di utilizzo di adiuvanti farmacologici o meccanici.

Sclerosi del collo vescicale, ovvero la eccessiva cicatrizzazione ed irrigidimento della loggia prostatica con restringimento dell’introito vescicale (2-3%), a distanza di mesi o anni; di solito richiede successivo reintervento endoscopico (incisione retrograda transuretrale della cicatrice).

Stenosi uretrale, ovvero il restringimento di un tratto del canale uretrale (2-3%), che può necessitare di trattamento chiruirgico.

L’intervento, rimuovendo solo una parte della prostata, non riduce il rischio futuro di sviluppo di un carcinoma prostatico nella porzione periferica della ghiandola, che rimane in sede e deve essere pertanto sottoposta a normali controlli periodici.

Tecniche alternative

La resezione prostatica transuretrale (TURP) può essere in tutto e per tutto considerata alternativa alle tecniche laser, ottenendo risultati simili per gli adenomi fino a 70 ml.

L’adenomectomia prostatica, invece, rappresenta una alternativa di maggiore invasività per le prostate di dimensioni > 70 ml. In rari casi di volume estremamente elevato oppure di fronte a conformazioni anatomiche che impediscano l’enucleazione endoscopica, questo intervento rimane l’unica possibilità.

L’incisione prostatica (TUIP) può essere una alternativa per gli adenomi di dimensioni inferiori a 30 ml senza lobo medio. Questo intervento è in grado di conservare maggiormente l’eiaculazione anterograda, tuttavia in termini di miglioramento del flusso urinario i risultati sono generalmente inferiori.

L’urolift, l’embolizzazione prostatica ed il Rezum, rappresentatono tecniche caratterizzate da minor invasività, riservabili a pazienti non idonei all’intervento tradizionale. L’efficacia in termini di miglioramento del flusso urinario è complessivamente inferiore rispetto alle tecniche di ablazione laser e alla TURP. 

 

Per doverosa informazione, si ricorda che la visita medica rappresenta il solo strumento diagnostico per un efficace trattamento terapeutico. I consigli forniti in questo sito devono essere intesi semplicemente come suggerimenti di comportamento.