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Pieloplastica

Pieloplastica
(Open-laparoscopica-robotica)

È una procedura che permette di modificare anatomicamente la via escretrice, andando a risolvere le anomalie di calibro dell’uretere e della giunzione pielo-ureterale, che determinano una ostruzione della via escretrice solitamente associata a dolore di tipo colico e nel lungo perriodo a progressiva riduzione della funzione escretoria

Indicazioni

  • Sindrome del giunto pielo-ureterale
  • Stenosi del giunto pielo ureterale secondarie a lesioni chirurgiche, traumatiche o litiasiche

Tecnica e decorso postoperatorio

Questo intervento viene eseguito sempre in anestesia generale. Mediante un accesso open lombotomico o transperitoneale o retroperitoneale videolaparoscopico o robotico si isolano il rene, la pelvi e l’uretere prossimale, viene resecata la parte di uretere ristretto (il giunto per l’appunto) e la parte di pelvi renale sovrabbondante se presente e quindi, previo spatulamento dell’uretere prossimale (ovvero la apertura longitudinale del viscere per alcuni centimetri al fine di ampliarne il lume) si ricongiungono le due estremità (si effettua la cosiddetta “anastomosi” tra la pelvi e l’uretere), al fine di ripristinare la continuità della via escretrice. Prima di completare la sutura viene inserito come tutore un catetere ureterale tipo stent a doppio pig-tail nella via escretrice: tale presidio verrà mantenuto in sede per almeno 3 o 4 settimane. Si procede quindi nel caso della procedura open alla ricostruzione della parete muscolare e alla sutura cutanea. Al termine della procedura, di norma viene lasciato in sede un drenaggio lombare in prossimità delle suture della via escretrice, sia in caso di intervento open che di intervento videolaparoscopico o robotico il cui scopo è di fungere da spia per eventuali “perdite” delle suture stesse; viene applicato anche un catetere vescicale tipo Foley. 

La durata dell’intervento è usualmente variabile dai 60 ai 180 minuti, secondo il tipo di procedura, la presenza di situazioni anatomiche particolari e l’eventuale necessità di manovre ancillari complesse.
Di norma il ricovero viene prolungato fino alla rimozione del drenaggio, quindi in 8a-10a giornata, sia che venga eseguito l’intervento con tecnica open che videolaparoscopica; in quest’ultimo caso, in pazienti selezionati e ben motivati, è possibile la dimissione anticipata ma con catetere vescicale e drenaggio in sede che verranno comunque rimossi nelle giornate canoniche, però mediante accesso ambulatoriale post- ricovero.

Possibili complicanze

Le complicanze più frequenti e potenzialmente gravi o fatali con questo tipo di procedura sono quelle emorragiche, di norma intraoperatorie o perioperatorie precoci; nei casi più gravi è quasi sempre necessaria l’emotrasfusione e spesso si deve ricorrere a procedure di radiologia interventistica (la cosiddetta embolizzazione) che permettono di chiudere i vasi lesi e arrestare il sanguinamento; qualora tali procedure non ottengano il risultato richiesto o se l’urgenza del quadro è tale da far presupporre un grave rischio di nocumento per il paziente nell’attendere i tempi tecnici per l’impiego della strumentazione radiologica, può essere necessario intervenire con chirurgia open, eventualmente ricorrendo anche alla nefrectomia emostatica se non si riuscisse in altro modo a controllare il sanguinamento.

Una transitoria febbre di media entità (inferiore ai 38°C) è comune nell’immediato postoperatorio, più frequente quando si parte da una situazione di urine infette note o sospette; rarissimi sono i casi di sepsi urinaria grave con esito potenzialmente fatale che richiedano un temporaneo monitoraggio in unità di terapia intensiva e prolungata terapia poliantibiotica. Queste forme, anche se risolte nell’immediato, potrebbero determinare nel breve e lungo periodo una compromissione parenchimale con perdita funzionale anche completa e irreversibile.

Complicanze a medio e lungo termine sono rappresentate dalla ristenosi dell’anastomosi uretero-pelvica, che può richiedere procedure di ricanalizzione che vanno dalla applicazione prolungata di uno stent alla dilatazione pneumatica della stenosi, alla sua incisione retrograda transureterale o anterograda percutanea; potrebbe anche verificarsi una fistola urocutanea che richieda dal cateterismo ureterale prolungato a vari tipi di correzione, sia mininvasivi, come l’applicazione di una nefrostomia di minima, al reintervento (di solito in open); quando le complicanze della via escretrice non possono essere corrette in alcun modo, potrebbe essere necessario da ultimo ricorrere alla nefrectomia.


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